Dove siamo - Shismaal Viaggi - Cori

Vai ai contenuti

Dove siamo

Cori, l'antica Cora, che ora appena l'occhio abituato di chi l'abita riconosce fra i paesi della fascia meridionale del Lazio, arroccati sulle modeste alture dei Monti Lepini, Ausoni, Aurunci, fu in antico città potente. Ebbe sicuramente un ruolo primario fin dalla più antica Lega Latina che frenò a lungo le smanie espansionistiche di Roma. La sua posizione naturale, gole profonde e monti tutt'intorno, ne fecero l'ultimo baluardo dei Latini verso il fronte volsco. Su questo colle fasciato di case, tanto felicemente scelto da far pensare a mitologici fondatori, il tempo avvicendò successivamente Cori Romana, Cori Cristiana, Cori medievale, Cori Moderna in una fusione irripetibile. Ed eccolo, ora, il paese riguardarsi dall'alto gli sconfinati panorami sottostanti, da fin quasi le foci del Tevere al Circeo, dove l'antica Appia attraversa le terre che fiorirono di città volta a volta alleate o nemiche ormai ingoiate dal tempo, quando questo antico fatale Lazio era un mondo di piccole patrie. Eccolo, ancora, rimirare più vicino la campagna meravigliosa popolata d'ulivi e di viti e le falde dei monti vestite di faggi, castagni e lecci. La sua gente è cortese. Secoli di naturale isolamento e di attività agricola e pastorale sempre tramandata dettero ad essa perseverante tenacia, misurata parsimonia, istintivo buon senso di antica saggezza. Voglio qui aggiungere un apprezzamento per il dialetto di Cori, al quale la posizione appartata del luogo ha mantenuto una marcatamente arcaica dignità. Ben distinto dal dialetto di Roma come da quello di Napoli e specchio remoto e fedele di costumi, mentalità, tradizioni, memorie, sta anch'esso subendo le bordate dell'italiano scolastico e televisivo. E' auspicabile però, e se ne intravedono chiari segnali nel rinnovato interesse di molti giovani, una nuova partecipe riconsiderazione di esso, a scongiurare, con la scomparsa della "lingua della natura", la morte della memoria.

Cori, Tempio d'Ercole, I sec. a.C.

Sulla sommità della collina dell'abitato si può ammirare il pronao e la sola parete d'ingresso della cella, con la porta, di un tempio dorico attribuito nel XVIII secolo ad Ercole, in base
ad un'iscrizione in seguito ritenuta apocrifa. L'iscrizione sull'architrave della porta ricorda i nomi di due magistrati che ne curarono la costruzione. Le particolari caratteristiche dell'ordine dorico impiegato, che ne rilevano una non completa assimilazione, permettono d'inserire l'edificio in quel tipo di architettura definita italica, che si sviluppò in Italia tra il 100 e l'80 a.C. Il Tempio occupa la metà  orientale di un'area strutturata da due terrazzamenti su differenti livelli, che regolarizzano il lato più scosceso di questa zona destinata all'acropoli. Il terrazzamento superiore, in opera poligonale, è più antico (metà del IV sec. a.C.) di quello inferiore, considerato contemporaneo al Tempio. In quest'area sono stati rinvenuti oggetti votivi datati dal IV al I sec. a. C. Questi elementi, insieme al decentramento della posizione del tempio e alle differenti epoche di costruzione dei due terrazzamenti, ha fatto ipotizzare la presenza, sull'altro lato dell'area, di un altro edificio di culto, preesistente al Tempio d'Ercole. Numerosi studiosi dell'architettura classica si sono interessati a questo tempio; particolarmente rilevante la serie d'incisioni ad esso dedicate da G.B. Piranesi. Si ha notizia anche di una serie di schizzi dedicati a questo monumento da Raffaello nel periodo in cui era succeduto al Bramante come architetto della fabbrica di S. Pietro. Ancora non è stato possibile verificare la veridicità di questa notizia secondo la quale gli schizzi sarebbero contenuti in un taccuino posseduto da un collezionista francese.

La cappella dell'Annunziata


Cappella dell'AnnunziataL'analisi stilistica e gli stemmi dei committenti, dipinti tra gli affreschi, hanno permesso di individuare tre diverse fasi: per prime furono decorate la parete di fondo (con l'Annunciazione, l'Adorazione di Magi e dei Pastori) e la volta (con i fatti dell'Antico Testamento); successivamente, in periodi tra loro ravvicinati, ma da artisti molto diversi, furono dipinte sulle pareti laterali prima le storie delle piaghe d'Egitto, il passaggio del Mar Rosso, la porta del Paradiso e, sulla parete d'ingresso, il Giudizio Universale; infine sulla parte bassa delle pareti laterali, le scene della Passione di Gesù e le figure del Battista, di S. Pietro, S. Andrea e S. Benedetto. Il primo ciclo è databile tra il 1379 e il 1401, periodo di costruzione della Chiesa. il secondo tra il 1450 e il 1460, il terzo tra il 1446 e il 1453. In esse si somma la tradizione pittorica romana con l'ultima arte toscana importata a Roma da Masolino da Panicale.

Il complesso di S. Oliva

La chiesa di S. Oliva, oggetto insieme all'intero complesso, comprendente il Chiostro e la Cappella del Crocifisso, di recenti studi archeologici, insiste su un precedente tempio tetrastilo della fine del II secolo a. C. VenChiesa di S. Olivane edificata con il campanile nella prima metà del XII secolo. La cappella del Crocifisso, ad essa adiacente, fu costruita a partire dal 1467 insieme al Convento degli Agostiniani. Il chiostro è l'elemento più interessante dell'edificio: quasi perfettamente quadrato, con al centro un pozzo; un portico completo al piano terreno, con quattro archi sui capitelli ionici, per ogni lato; un loggiato su soli tre lati al piano superiore con otto archi per ogni lato; sul quarto lato, di fronte all'ingresso, si aprono le finestre delle stanze del convento. La realizzazione fu possibile grazie alle donazioni del cardinale Guglielmo d'Estouteville,  a quel tempo vescovo di Ostia e Velletri. L'autore, così ricordano due iscrizioni su due basi delle colonne dell'ordine superiore, fu Antonio da Como, i lavori terminarono nel 1480. Oggi, dalla ristrutturazione dell'ex convento, è stato ricavato il bel Museo storico del Territorio che invitiamo a visitare.

Torna ai contenuti